Normativa araldica
Regio Decreto del 7 giugno 1943, n. 652
Del presente provvedimento si riportano solo gli articoli
aventi tuttora una grande rilevanza. La parte omessa è
da considerare non più operante a seguito del
disposto della XIV disposizione transitoria della Costituzione
in base al quale i titoli nobiliari non vengono più
riconosciuti.
Art. 1.
Le domande per i diversi provvedimenti devono
essere presentate, formulate e corredate come appresso:
§ I
Per provvedimenti inerenti
a-e) ... omissis;
f) a stemmi e gonfaloni comunali:
1) istanza a firma del Podestà (in carta da bollo
competente) al Duce del Fascismo, Capo del Governo;
2) verbale podestarile, con la dichiarazione motivata
della assunzione dello stemma e del gonfalone;
3) cenno storico giustificativo dello stemma prescelto
o documenti probatori del legittimo possesso;
4) bozzetto colorato dello stemma e del gonfalone accompagnato
dalla relativa descrizione araldica e con autenticità
del Podestà;
5) vaglia postale (per deposito preventivo), intestato
al cassiere della Consulta araldica.
Nelle concessioni di nuovi stemmi e gonfaloni occorrerà
aggiungere la domanda in carta libera a S.M. il Re Imperatore.
1) istanza (in carta semplice), a firma del Podestà,
a S.M. il Re Imperatore;
2) istanza (in carta da bollo competente), a firma, del
Podestà, al Duce del Fascismo, Capo del Governo;
3) verbale podestarile, con la relazione motivata giustificativa
dei requisiti voluti dall'art. 32 dell'Ordinamento dello
stato nobiliare, per conseguire il titolo di Città;
4) vaglia (per deposito preventivo) intestato al cassiere
della Consulta araldica.
Art. 5.
Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle Province
e dei Comuni non possono essere modificati.
Il Commissariato del Re Imperatore determina la foggia
di quelli di nuova concessione, avvertendo che il gonfalone
non può mai assumere la forma di bandiera ma deve
consistere in un drappo quadrangolare di un metro per
due, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma,
sospeso mediante un bilico mobile ad un'asta ricoperta
di velluto dello stesso colore, con bollette poste a spirale,
e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà
riprodotto lo stemma e sul gambo il nome della provincia,
del comune o della società.
Il drappo riccamente ornato e frangiato sarà caricato
nel centro dello stemma della Provincia, del Comune, della
Società, ecc., sormontato dall'iscrizione centrata
"Provincia di ..." "Comune di ..."
"Società di ...".
La cravatta frangiata dovrà consistere in nastri
tricolorati dai colori nazionali.
Art. 6.
I marchi di fabbrica nei quali sia figurato uno
stemma, per quanto autorizzati e depositati, non valgono
a provare l'uso dello stemma figurato come insegna gentilizia.
È vietato usare marchi di fabbrica riproducenti
stemmi, qualora questi non siano in legittimo possesso
dell'intestatario del marchio di fabbrica stesso.
È vietato usare nei marchi di fabbrica stemmi
o pezze di stemmi riferentisi allo Stato, ai Comuni, alle
Province e ad Enti morali diversi.
È inoltre vietato usare nei marchi di fabbrica
dell'emblema nazionale del Fascio Littorio, comunque raffigurato.
Art. 34.
Le autorizzazioni a fregiarsi delle onorificenze
degli Ordini equestri pontifici sono concesse a cittadini
italiani ed a cittadini della Città del Vaticano
con decreto Reale e diploma della Presidenza del Consiglio
dei Ministri (Cancelleria della Consulta araldica) previa
produzione, da parte degli interessati alle Prefetture
delle Province, dove i medesimi risiedono, se cittadini
italiani, ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
(Cancelleria della Consulta araldica) se cittadini della
Città del Vaticano, dei prescritti documenti.
Art. 35.
Con le medesime modalità ed alle stesse
condizioni prescritte dall'art. precedente per gli Ordini
Equestri pontifici è concessa l'autorizzazione
all'uso nel Regno delle onorificenze dell'Ordine equestre
del Santo Sepolcro.
Art. 56.
Gli stemmi dello Stato e delle Amministrazioni
governative sono regolati dal Regio decreto 11 aprile
1929 VII, n. 504.
I Regi Governi delle Colonie hanno un loro proprio stemma
che è cimato dalla corona romana antica che è
formata da un cerchio d'oro liscio sormontato da dodici
punte radiate d'oro (sette visibili).
Art. 57.
Le Province, i Comuni, gli Enti morali non possono
servirsi dello stemma dello Stato ma di quell'arma o
simbolo del quale o avranno ottenuta la concessione o
riportato il riconoscimento, a norma del vigente Ordinamento
araldico.
Art. 66.
Nel Libro araldico degli Enti morali sono descritti
gli stemmi, i gonfaloni, le bandiere, i sigilli, i titoli
e le altre distinzioni riguardanti province, comuni,
società
e altri Enti morali, con le indicazioni dei riconoscimenti
e dei relativi decreti.
Art. 95.
La corona della Provincia (a meno di concessione
speciale) è formata da un cerchio d'oro gemmato
con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due
rami, uno di alloro ed uno di quercia, al naturale, uscenti
dalla corona, decussati e ricadenti all'infuori.
Art. 96.
La corona di Città (a meno di concessione
speciale) è turrita formata da un cerchio d'oro
aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate
a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili)
riunite da cortine di muro, il tutto d'oro e murato di
nero.
Art. 97.
La corona di Comune (a meno di speciale concessione)
è formata da un cerchio aperto da quattro pusterle
(tre visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente
una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna
sormontata da una merlatura a coda di rondine, ed il tutto
d'argento e murato di nero.
Art. 109.
I motti si scrivono sopra liste bifide e svolazzanti,
smaltate come nel campo dello scudo e scritte con lettere
maiuscole romane. Di regola si collocano sotto la punta
dello scudo".