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Dipartimento Affari giuridici e legislativi - Ufficio contenzioso, per la consulenza giuridica e per i rapporti con la Corte europea dei diritti dell'uomo

Contenzioso europeo

Sentenze della Corte europea pronunciate nei confronti dell'Italia, anno 2020
Ricorso Data sentenza Esito
Edizioni del Roma Soc. Coop. A.r.l. e Edizioni del Roma S.r.l.
[testo]
10/12/2020

Non violazione dell’art.6 § 1 della Convenzione – diritto a un equo processo.
I ricorsi riguardavano l’irrogazione, da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), alle società ricorrenti, operanti nel settore dell’editoria, di sanzioni pecuniarie consistenti nella perdita dei finanziamenti pubblici di cui beneficiavano in tale ambito.
Le ricorrenti hanno sostenuto che il procedimento dinanzi all'AGCOM non sarebbe stato equo per mancanza delle dovute garanzie, oltre al fatto che, sebbene qualificate come «amministrative» nel diritto interno, le sanzioni inflitte dall’AGCOM sarebbero da considerare «penali» stante il carattere punitivo-afflittivo della revoca dei contributi pubblici.
La Corte ha osservato che, nonostante il procedimento dinanzi all’AGCOM non avesse rispettato tutte le esigenze dell'articolo 6 della Convenzione, soprattutto per quanto riguarda la parità delle armi tra accusa e difesa e lo svolgimento di un’udienza pubblica, tuttavia le ricorrenti erano state informate di quanto loro ascritto ed era stata loro offerta la possibilità di presentare elementi a difesa ed eventuali memorie di replica.
Inoltre, le ricorrenti avevano avuto la possibilità, di cui si sono avvalse, di contestare le sanzioni inflitte dall’AGCOM dinanzi a  organi giudiziari dotati di piena giurisdizione.
La Corte Edu, pertanto, non ha ritenuto ravvisabile alcuna violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

A.V.
[testo]
10/12/2020

Violazione dell’art. 8 della Convenzione – diritto al rispetto della vita privata e familiare
Il ricorso riguardava l’impossibilità per il ricorrente di esercitare il diritto di visita del figlio, alle condizioni stabilite dal tribunale.
In particolare, il ricorrente ha lamentato di non aver potuto incontrare regolarmente il figlio, a far data dal 2010, quando il bambino aveva solo due anni, e che la situazione era peggiorata a seguito del trasferimento della madre in un'altra città, fino a che il giudice minorile nel 2015 aveva sospeso la potestà genitoriale di entrambi i genitori e il bambino era stato affidato in custodia ai servizi sociali.
La Corte Edu ha sottolineato che la mancanza di collaborazione tra genitori separati non può esentare le autorità competenti dall'attuare gli strumenti idonei a consentire il mantenimento del legame familiare e ha ritenuto che, nel caso di specie, non erano state adottate tempestivamente le misure necessarie, con la conseguenza le autorità avevano, di fatto, “tollerato” che per un certo periodo il ricorrente non potesse vedere suo figlio liberamente.
Pertanto, ha condannato lo Stato all’equa riparazione dei danni morali e alle spese.

Tondo
[testo]
22/10/2020

Violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione – diritto a un equo processo.
Il ricorso riguarda il divieto di reformatio in peius della sentenza penale di primo grado e la mancata rinnovazione dibattimentale in appello.
Il ricorrente, in particolare, ha lamentato che la Corte d’assise d’appello aveva ribaltato la sentenza di primo grado, di proscioglimento dalle accuse di omicidio, consumato e tentato, basando la constatazione di colpevolezza sulla deposizione di un testimone, senza una nuova escussione diretta dello stesso.
La Corte Edu ha ritenuto che, non procedendo a una nuova audizione di quel testimone, né di altri, prima di invalidare il verdetto di assoluzione di cui aveva beneficiato il ricorrente in primo grado, la Corte d’assise d'appello avesse effettivamente limitato i diritti di difesa del ricorrente.
Pertanto ha condannato lo Stato all’equa riparazione dei danni morali

G.L.
[testo]
10/09/2020

Violazione dell’art. 14 della Convenzione - divieto di discriminazione - in combinato disposto con l’art.2 del Protocollo 1 - diritto all’istruzione.
Il ricorso riguardava l’impossibilità per la ricorrente, una bambina affetta da una forma di autismo non verbale, di beneficiare nei primi due anni di frequenza della scuola primaria dell’assistenza specialistica dell’insegnante di sostegno, prevista dalla legge n.104/92, con conseguente pregiudizio per il suo processo di integrazione scolastica e per lo sviluppo di autonome facoltà comunicative e di apprendimento.
Lo Stato italiano ha giustificato la mancata assegnazione dell’insegnante di sostegno adducendo ragioni legate alla carenza di fondi. La Corte Edu ha osservato, richiamando la giurisprudenza della Corte di cassazione, che gli eventuali limiti di bilancio devono incidere in modo equivalente sull'offerta formativa per gli alunni disabili e per gli alunni non disabili.
Nel caso di specie, poiché non vi erano dubbi sull’impossibilità per la minore disabile di beneficiare del sostegno del servizio educativo e sociale offerto dalla scuola in condizioni di uguaglianza e poiché le autorità non avevano cercato di determinare le reali esigenze della ricorrente individuando soluzioni suscettibili di soddisfarle, senza imporre un onere sproporzionato o indebito all'amministrazione, la Corte Edu ha affermato la violazione dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 2 del protocollo n. 1, e ha condannato lo Stato all’equa riparazione dei danni, materiali e moralie, e  alle spese.

34297/09
Facchinetti
[ testo]
03/09/20 Violazione dell'articolo 6 della Convenzione. La ricorrente è la moglie di un lavoratore che si era rivolto all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) affinché riliquidasse la sua pensione tenendo conto dei contributi versati in Svizzera per il lavoro ivi svolto. Ritenendo di aver subito, a causa del criterio di calcolo utilizzato dall'INPS, basato su una retribuzione teorica anziché su quella effettiva, la decurtazione del trattamento economico spettante, il marito della ricorrente instaurava un contenzioso a livello nazionale, che si concludeva con il rigetto della domanda, a seguito dell'applicazione nel giudizio in corso dell'art 5 co. 6 della legge di interpretazione autentica 27 dicembre 2006 n. 296. Dinanzi alla Corte Edu la ricorrente ha lamentato che la promulgazione della legge n. 296/2006 abbia costituito violazione del diritto a un equo processo. La Corte Edu, richiamando i suoi precedenti in casi simili, ha constatato la violazione dell'art. 6 della Convenzione, e ha deciso, quanto al danno patrimoniale, di accordare alla ricorrente la differenza tra l'importo della pensione che avrebbe dovuto essere pagata al marito se non fosse entrata in vigore la legge n. 296/2006, e l'importo effettivamente ricevuto, quantificato in euro 11.212. Per quanto riguarda il danno non patrimoniale la Corte ha accordato euro 5.000.
59753/09
Grieco
[testo]
03/09/20 Violazione dell'articolo 6 della Convenzione Il ricorrente si era rivolto all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) affinché riliquidasse la sua pensione tenendo conto dei contributi versati in Svizzera per il lavoro ivi svolto. Ritenendo di aver subito, a causa del criterio di calcolo utilizzato dall'INPS, basato su una retribuzione teorica anziché su quella effettiva, la decurtazione del trattamento economico spettante, il ricorrente instaurava un contenzioso a livello nazionale. Mentre il procedimento era in corso, entrava in vigore l'art 5 co. 6 della legge di interpretazione autentica 27 dicembre 2006 n. 296, sulla valutazione del periodo di lavoro svolto in Svizzera, che confermava il criterio di calcolo della retribuzione pensionabile in senso sfavorevole al ricorrente e comportava il respingimento della domanda. Dinanzi alla Corte Edu il ricorrente ha lamentato che la promulgazione della legge n. 296/2006 abbia costituito violazione del diritto a un equo processo. La Corte Edu, richiamando i suoi precedenti in casi simili, ha riscontrato la violazione dell'art. 6 della Convenzione, ritenendo che la constatazione della violazione rappresentasse un ristoro sufficiente del danno non patrimoniale subito. Quanto al danno patrimoniale, non ha valutato sussistere i presupposti per liquidare al ricorrente alcuna somma.
6561/10
Avellone e altri
[testo]
09/07/20 Violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione. I ricorrenti erano ex combattenti, invalidi di guerra, vedove di guerra, vittime civili di guerra, ai sensi della L. 336/1970, o loro eredi. Dinanzi alla Corte Edu hanno lamentato un'ingerenza del legislatore sui procedimenti da essi instaurati dinanzi alle autorità giudiziarie italiane, al fine di ottenere la perequazione della pensione ai sensi dell'articolo 6 della legge 140/1985. Infatti, con legge di interpretazione autentica n. 244/2007 il legislatore aveva stabilito che l'aumento mensile di cui alla legge 140/1985, spettasse ai ricorrenti solo a partire dal momento del pensionamento anziché, come essi avevano chiesto nei giudizi nazionali, a far data dal 1985. La Corte Edu ha constatato che l'intervento del legislatore ha avuto l'effetto di modificare definitivamente l'esito delle liti in corso di cui lo Stato era parte, a svantaggio dei ricorrenti, e ha riconosciuto, a favore di coloro la cui domanda è risultata ricevibile e fondata, le differenze tra la maggiorazione che avrebbe dovuto essere percepita in assenza della legge n. 244/2007 e l'importo effettivamente percepito, secondo i calcoli effettuati dall'INPS per ogni singola posizione.
24813/03
Morelli
[testo]
04/06/20 Violazione dell'art. 6 § 1 Cedu – diritto a un equo processo.
La ricorrente, fittavola di un terreno agricolo espropriato per motivi di pubblica utilità, dinanzi alla Corte Edu ha lamentato l'eccessiva durata del procedimento per il risarcimento del danno, avviato nel 1992 e conclusosi nel 2008.
Inoltre, la ricorrente ha contestato l'inefficacia del rimedio Pinto, avendole la Corte d'Appello di Roma riconosciuto nel 2003, la somma, ritenuta inadeguata, di euro 1.400,00 a titolo di danno non pecuniario, oltre euro 700,00 di spese.
La Corte Edu, tenendo conto dei criteri stabiliti dalla sua consolidata giurisprudenza in materia, ha constatato che nel caso di specie il requisito della ragionevole durata del processo è stato violato e ha affermato, quanto al secondo motivo di doglianza, che l'inadeguatezza del risarcimento ottenuto non mette in discussione l'efficacia del rimedio "Pinto".
Per questi motivi la Corte Edu ha condannato lo Stato italiano al pagamento di euro 3.640,00 a titolo di danno morale, oltre 1.000,00 euro per imposte, costi e spese.
50988/13
Citraro e Molino
[testo]
04/06/20

Violazione dell'art. 2 Cedu – diritto alla vita –  sotto il profilo sostanziale. Non violazione sotto il profilo procedurale.
La vicenda sottoposta al giudizio della Corte Edu riguardava il suicidio del figlio dei ricorrenti, A.C., detenuto in carcere all'epoca dei fatti e la mancata adozione da parte delle autorità nazionali delle misure necessarie a prevenirne la morte.
I ricorrenti, hanno  sostenuto che le autorità avrebbero dovuto adeguare il livello di supervisione alle circostanze del caso, essendo ad esse noto  che  A.C. soffriva di disturbi della personalità e aveva in precedenza  tentato il suicidio. Inoltre, hanno lamentato che le indagini condotte per   ricostruire la dinamica dei fatti e accertare le eventuali responsabilità connesse, non abbiano rispettato gli obblighi procedurali imposti dall'art. 2 della Convenzione.
La Corte Edu, ritenuto che le autorità competenti erano consapevoli del rischio reale ed immediato che A.C. ponesse in essere atti di autolesionismo, ha riscontrato la presenza di  elementi rivelatori di una carente diligenza solo sotto il profilo sostanziale, nonostante abbia riconosciuto che alcune misure di protezione della vita di A.C. fossero state adottate.
Sotto il profilo procedurale la Corte Edu ha constatato che le indagini erano state rapide ed efficaci e che nei tre livelli di giurisdizione il  principio del  contraddittorio era stato rispettato. Le autorità avevano altresì avviato procedimenti disciplinari.
La Corte Edu ha condannato lo Stato al pagamento di euro 32.000 a titolo di danno non patrimoniale, oltre le spese.

Barletta e Farnetano
55431/09
[testo]
26/03/2020 Violazione dell'art. 8 – diritto al rispetto della vita privata e familiare sotto l'aspetto procedurale. Il caso riguardava la presunta negligenza da parte del personale medico durante il ricovero in ospedale del primo ricorrente, madre del secondo ricorrente, affetto da una disabilità invalidante in conseguenza dei danni riportati alla nascita. La Corte di cassazione con sentenza n. 28577 del 16 aprile 2009 ha definitivamente assolto dal reato di lesioni personali gravi i medici, concludendo sul piano penale la vicenda giudiziaria avviata dai ricorrenti nel 1999. Il procedimento civile per il risarcimento del danno, promosso dai ricorrenti nel 2011, era ancora pendente al momento del deposito del ricorso alla Corte di Strasburgo. La Corte Edu ha rilevato che la durata dei procedimenti interni, sia penale che civile, non potesse ritenersi ragionevole e ha condannato lo Stato al pagamento dell'equa soddisfazione per i danni morali subiti.
Matteo
24888/03
[testo]
26/03/2020 Violazione dell'art. 6 § 1 Cedu - diritto a un equo processo. Il ricorso riguardava l'espropriazione del terreno di proprietà del ricorrente per ragioni di pubblica utilità e la durata del procedimento interno avviato per ottenere il risarcimento del danno subito. La Corte Edu ha ritenuto non ragionevole che il ricorrente abbia dovuto attendere dal 1992 al 2003 per un grado di giudizio e ha condannato lo Stato al pagamento dell'equa soddisfazione per il danno morale e le spese, tenendo conto nella quantificazione del fatto che il ricorrente aveva già beneficiato a livello nazionale del rimedio Pinto.
De Cicco
28841/03
[testo]
26/03/2020 Violazione dell'art. 6 § 1 Cedu - diritto a un equo processo. Il ricorso riguardava l'illegitima espropriazione del terreno di proprietà del ricorrente per ragioni di pubblica utilità e la durata del procedimento interno avviato per ottenere il risarcimento del danno subito. La Corte Edu ha ritenuto non ragionevole che il ricorrente abbia dovuto attendere dal 1994 al 2003 per un grado di giudizio e ha condannato lo Stato al pagamento dell'equa soddisfazione per il danno morale e le spese, tenendo conto nella quantificazione del fatto che il ricorrente aveva già beneficiato a livello nazionale del rimedio Pinto.
Fabris e Parziale
41603/13
[testo]
19/03/2020 Non violazione dell'art. 2 Cedu – diritto alla vita. I ricorrenti sono zio e cugina del detenuto A. morto in carcere a causa di un'insufficienza cardiorespiratoria acuta, che gli esami autoptici hanno dichiarato potrebbe esser stata provocata dall'inalazione volontaria di gas. I procedimenti penali avviati nei confronti degli agenti penitenziari addetti alla supervisione, del direttore del carcere, del direttore medico e del direttore dei servizi penitenziari non hanno accertato la responsabilità di alcuno nella morte di A.. Tuttavia, i ricorrenti hanno lamentato davanti alla Corte Edu la mancata adozione delle misure necessarie a proteggere la vita del congiunto da parte delle autorità carcerarie. La Corte Edu ha accertato che le autorità non avrebbero potuto conoscere l'esistenza di un rischio reale ed immediato per la vita di A., che peraltro era sottoposto a terapia psicologica e a un protocollo di disintossicazione farmacologica, considerato che il suo consumo di bombolette di gas non era aumentato nell'ultimo periodo e che A. non aveva mai mostrato tendenze suicide e non soffriva di gravi disturbi mentali. La Corte ha altresì escluso la violazione dell'obbligo procedurale di svolgere un'indagine effettiva
Felloni
44221/14
[testo]
06/02//2020 Violazione dell'art. 6 Cedu – diritto a un equo processo; non violazione dell'art. 7 Cedu – principio di legalità. Il ricorrente è stato condannato dal Tribunale di Ferrara con sentenza del 14 novembre 2011 per il reato di guida in stato d'ebbrezza, in relazione a un episodio avvenuto il 29 settembre 2007. La sentenza di primo grado grado è stata confermata sia in appello che in cassazione. Il ricorrente davanti alla Corte Edu ha lamentato, quanto ai giudizi di merito, la violazione del principio di non retrottività della legge penale sfavorevole. Infatti, risultando egli incensurato all'epoca dei fatti, i giudici avrebbero dovuto riconoscergli le circostanze attenuanti generiche e non applicare l'art 62 bis c.p., come modificato dalla sucessiva legge n. 125 del 24 luglio 2008, secondo cui l'assenza di precedenti condanne non può essere da sola sufficiente a concedere le circostanze attenuanti. Inoltre, il ricorrente ha lamentato l'insufficienza della parte motiva della sentenza di rigetto della Corte di Cassazione. La Corte Edu ha constatato che la suprema Corte è effettivamente venuta meno all'obbligo di motivare le decisioni e ha stabilito l'equa riparazione per i danni morali subiti dal ricorrente. E' stata invece esclusa la violazione dell'articolo 7 Cedu, perchè la legge penale in vigore all'epoca dei fatti non prevedeva l'automatico riconoscimento di circostanze attenuanti in assenza di precedenti condanne, costituendo questo solo uno degli elementi della valutazione discrezionale del giudice ex art 133 c.p.. Nel caso di specie la Corte Edu ha riconosciuto che il quadro complessivo non aveva consentito di concedere alcuna attenuante al ricorrente.
Cicero e altri
29483/11
[testo]
30/01/2020 Violazione dell'art. 6 Cedu – diritto a un equo processo e dell'art. 1 protocollo 1 – protezione della propretà. Il ricorso riguardava l'interferenza della legge di interpretazione autentica n. 266 del 2005 sui giudizi pendenti promossi a livello nazionale dai ricorrenti, personale scolastico ATA (ausiliario, tecnico ed amministrativo), trasferito dagli enti locali allo Stato senza il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata presso l'ente di provenienza. La Corte Edu ha constatato che l'adozione della legge di interpretazione autentica ha privato i ricorrenti del diritto all'equo processo e ha costituito un attentato sproporzionato ai loro beni, non garantendo l'equilibrio tra esigenze di interesse generale e salvaguardia dei diritti fondamentali dei singoli. Pertanto, ha condannato lo Stato all'equa riparazione dei danni pecuniari, liquidati in misura diversa a favore di ciascun ricorrente, per un importo totale di 263.611,00 euro.
Magosso e Brindani
59347/11
[testo]
16/01/2020 Violazione dell'art. 10 Cedu – libertà di espressione. I ricorrenti all'epoca dei fatti erano rispettivamente giornalista e direttore responsabile della rivista "Gente". La Corte di Cassazione nel 2010 li aveva riconosciuti colpevoli del reato di diffamazione a mezzo a stampa, in relazione a un articolo sull'assassinio del giornalista Walter Tobagi, e li aveva condannati a pagare alle parti civili la somma provvisionale di euro 120.000, con rinvio ai giudici civili per l'esatta quantificazione dei danni causati, oltre a euro 7.000 di spese di giudizio. La Corte Edu, ritenendo che l'ingerenza dello Stato italiano nel diritto di cronaca dei ricorrenti, sebbene prevista dalla legge, si fosse rivelata sproporzionata e, dunque, non "necessaria" in una società democratica, ha condannato lo Stato all'equa riparazione per il danno morale e le spese.
Jeddi
42086/14
[testo]
09/01/2020 Non violazione dell'art. 5 Cedu – diritto alla libertà e alla sicurezza. Il ricorrente è un cittadino tunisino sbarcato a Lampedusa senza documenti identificativi nell'aprile 2011. Dopo aver ottenuto dal Tribunale di Napoli una sentenza che lo autorizzava a richiedere un permesso di soggiorno umanitario valido sino al 31 dicembre 2012 si è trasferito in Svizzera e lì ha presentato domanda d'asilo. In applicazione del Regolamento di Dublino, la Svizzera ha respinto la domanda e rinviato il ricorrente in Italia, dove è stato accompagnato al C.I.E. di Milano per l'dentificazione, in vista dell'allontanamento dal territorio, non avendo con sè documenti identificativi. Il ricorrente è stato rilasciato non appena le autorità italiane hanno ricevuto copia della sentenza del Tribunale di Napoli e del permesso di soggiorno umanitario, peraltro chiesto solo in data 12 novembre 2012, che lo autorizzava a rimanere fino al 31 dicembre 2012. La Corte ha ritenuto che la privazione della libertà subita dal richiedente sia avvenuta in conformità con la legge e non ha riscontrato profili di arbitrarietà nella procedura seguita.

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